A Torino una notte di preghiera in vista della canonizzazione del confratello Beato Pier Giorgio Frassati
In una serata in cui momenti di festa gioiosa si mescolavano alla preghiera, le voci fresche e attuali di molti giovani hanno dato nuova vita ai pensieri di Frassati, illuminando temi di solidarietà e speranza per il futuro.
Dal ricordo scritto da Clementina all’indomani dei funerali dell’amico Pier Giorgio, emerge come la figura del Beato piemontese, prossimo alla canonizzazione, fosse capace di “saldare terra e cielo”. Così, anche un tema serio come la morte, attraverso la lente lucidamente ironica dei pensieri di Frassati, sembra quasi più semplice da accettare. È come se Pier Giorgio, accompagnandoci a riflettere sul mistero, ci permettesse di vederlo più chiaramente e di comprenderlo in chiave cristiana.
Ciascuno di noi ha portato a casa un po’ di freschezza e di energia, un po’ di quella voglia di fare che l’apostolo del “vivere e non vivacchiare” è riuscito a inculcare a 99 anni dalla sua morte, nella serata del 4 luglio, giorno in cui si apre ufficialmente l’Anno Frassatiano. Alla cerimonia, presieduta dal Vescovo ausiliare di Torino Mons. Alessandro Giraudo, si è notata una visibile presenza della Società di San Vincenzo De Paoli, di cui il Beato Pier Giorgio faceva parte. Guidati dal Coordinatore Interregionale Piemonte e Valle d’Aosta, Federico Violo, un gruppo di confratelli e volontari ha salutato Pier Giorgio srotolando un ampio striscione all’esterno del duomo e pregando sulla sua tomba, situata in una cappella nella navata laterale.
Nato nel 1901, Pier Giorgio Frassati era un giovane pieno di passione per la vita, ma anche profondamente impegnato nell’aiuto ai poveri. Nonostante provenisse da una famiglia agiata, scelse di dedicare il suo tempo e le sue risorse per alleviare le sofferenze degli altri: visitava i malati, aiutava i poveri e si impegnava attivamente in cause sociali.
«Il Beato Pier Giorgio Frassati e il suo esempio – ha sottolineato Federico Violo – parlano anche ai Vincenziani di oggi. Come lui portava sulla porta della sua camera l’Inno alla Carità di San Paolo, così anche noi ricordiamo e custodiamo nella nostra mente e nel nostro cuore che “…se anche dessi in cibo tutti i miei beni… ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe”».
Mons. Giraudo, incontrando al termine della celebrazione la delegazione guidata da Federico Violo, ha espresso gratitudine per l’operato della Società di San Vincenzo De Paoli.
Alessandro Ginotta
Si ringrazia Mihai Bursuc / La Voce e Il Tempo per le immagini