Casale Monferrato: "Bullismo e Cyberbullismo non sono giochi da ragazzi", ecco i lavori premiati

Casale Monferrato: “Bullismo e Cyberbullismo non sono giochi da ragazzi”, ecco i lavori premiati

Si è svolta sabato 20 maggio la cerimonia di premiazione del XXVII concorso scolastico che il Consiglio Centrale di Casale Monferrato della Società di San Vincenzo De Paoli ha indetto, con la collaborazione della Conferenza di San Federico, per gli studenti delle scuole secondarie di II grado. 

Riportiamo tutti i lavori che sono stati premiati durante la cerimonia di premiazione di Sabato 20 Maggio.

1° classificata – Plesso Lanza – IS Balbo

Episodi di bullismo e cyberbullismo sono più frequenti di quanto si possa immaginare.

Questo nonostante nel maggio del 2017 in Italia sia stata approvata la prima legge che si occupa di bullismo e cyberbullismo. La sua approvazione ha permesso di creare azioni e procedure utili a contrastare ma anche a prevenire forme di prepotenza tra ragazzi che causano alle vittime grandi sofferenze fisiche e psicologiche, che possono portare anche a gesti estremi. Talvolta, le persone colpite da questi atti di vera e propria prepotenza, rinunciano a vivere perché schiacciati dal peso della vergogna, dagli insulti, dall’isolamento.

Se si è vittima, è importante non vergognarsi e chiedere aiuto ad un adulto, anche perché molte di queste prepotenze sono reati e non solo ingiustizie ed é necessario sporgere anche una querela. Se si è bullo o cyberbullo, bisogna ricordare che l’invidia, l’antipatia, il risentimento, la rabbia sono sentimenti che non possono assolutamente giustificare attacchi di nessuna natura ai danni di altri soggetti. Nel corso di questi ultimi anni, si è sentito sempre più parlare di episodi di prevaricazione diventati poi fatti di cronaca con notevole risalto mediatico. Non è mia intenzione soffermarmi su qualche fatto di bullismo o cyberbullismo in particolare, perché ritengo che tutti questi episodi possano essere classificati come un abuso di potere che sfocia in comportamenti di prepotenza, anche perpetrata nel tempo ai danni di persone che molte volte non sono in grado di difendersi da sole. Questo perché sono stati isolati e/o marchiati dal gruppo che è, a parere mio, la componente e lo stimolo fondamentale del vigliacco o dei vigliacchi che utilizzano questo modus per denigrare, umiliare, ferire ed annientare la persona presa a vittima. Una ferita terribile che gli episodi di bullismo lasciano è la perdita di autostima. Per giovani ragazzi e ragazze che dovrebbero vivere gli anni più belli e spensierati, in cui ci si forma come futuri adulti, questo è davvero un’iniezione di sfiducia. Bullismo e cyberbullismo non sono giochi perché non divertono nessuno, in particolare chi subisce. Se un domani vogliamo essere persone migliori, dobbiamo sicuramente ricordarci che prevaricare gli altri non ci rende forti ma evidenzia solo pochezza d’animo e una grande povertà interiore. Noi giovani abbiamo bisogno di conferme, di essere parte integrante di un gruppo, di avere accanto adulti in grado di trasmettere valori veri come il rispetto per la propria vita e per quella degli altri, capaci di favorire la nostra crescita. Dovremmo avere sempre un occhio allenato a vedere chi è nella difficoltà e creare le occasioni per conoscerci di più e stabilire relazioni di sostegno e supporto reciproco. Fa paura ciò che non si conosce ma aprirsi agli altri, sforzarsi ed entrare in relazione è segno di maturità. Nel corso di questi anni molte volte ho sentito parlare di questi argomenti anche dai media ed il primo sentimento che ho provato è stato disgusto, rabbia per gli autori di quei vili gesti e comportamenti ai danni delle loro povere vittime. Poi ho voluto provare a cercare di cogliere qualche insegnamento da tutta questa negatività e quelli più efficaci, più veri, gli spunti per crescere ed essere una persona migliore, li ho ricevuti da coloro che sono state le vittime di questi abusi e ne hanno dato testimonianza. In primis ho imparato che le cosiddette vittime sono davvero persone ricche di umanità, di risorse, con una grande forza d’animo. Sono persone tenaci che provano, molte volte da sole, ad affrontare un branco di codardi che si credono forti solo perché in gruppo o nascosti dietro una tastiera del telefonino. Ci vuole molto coraggio ad essere se stessi, ad essere forti per contrastare coloro che vorrebbero livellarti alla loro mediocrità o nullità. Ci sono ragazze e ragazzi che non hanno mai abbassato la testa contro le ingiustizie, le angherie, il bullismo; anche se a caro prezzo: perché le cicatrici che si portano dentro sono davvero profonde. Anche se sono state superate, cercare di ritrovare un’armonia però non è semplice. Una ragazza vittima di bullismo e cyberbullismo diceva di sentirsi un po’ come un equilibrista zoppo che tenta di attraversare il mondo su un filo. Le cosiddette vittime mi hanno anche ricordato quanto è importante la famiglia e il suo ruolo. Ognuno di noi ha bisogno di una pacca sulla spalla, di un abbraccio, di affetto sincero e dovrebbe poter avere il suo “porto sicuro”. Avere accanto persone che vogliono il tuo bene è fondamentale per solcare i mari, anche in tempesta e raccogliere le sfide della vita. L’ultimo insegnamento che queste storie mi hanno lasciato è quello di tener sempre presente che: se anche non sono io il carnefice o la vittima, ma semplicemente testimone ho l’obbligo di non girare la testa, di non volgere lo sguardo altrove ! Noi ragazzi e ragazze, se un domani vorremmo essere persone migliori, abbiamo l’obbligo di combattere quella “non vita” , quel vuoto che accompagna oggi i bulli e i cyberbulli. Bisogna uscire dalla mediocrità, dalla nullità per diventare persone vere!

2° classificato – Plesso Lanza – IS Balbo

Cristo Deriso

In un vivo verde fatto di pixel,

ci sei tu, fermo, che ricevi sputi,

battute e attacchi e insulti,

vestito d’una toga marmorea,

cieco e quieto, perdoni.

Ferito da taluno sì lontano,

Perché subisci ciò,

tu che niente hai fatto?

Sventurata anima, forza, prendi atto

prima che sia tardi,

denuncia i soprusi,

non avere paura.

O’ uomo che comunichi

dal Duomo al Colosseo

da Parigi a Pechino,

sempre fu la parola

la tua arma più sottile.

Passati duemila anni,

tu ne abusi tuttora

per spargere odio e disprezzo e dolore.

Prima di commentare

basta mettersi nei panni dell’altro:

vorresti sentirti dire ciò che stai scrivendo?

Ho cercato a lungo le parole per descrivere il cyberbullismo, ma mi sfuggivano come foglie portate via dal burrascoso vento. Non sapevo come parlarne, quindi avevo deciso di non farlo e scriverne nulla a riguardo, così non partecipando al concorso.

Il fato vuole che da lì a pochi giorni sarei andato a Firenze, dove visitai il convento San Marco. Osservando il Cristo Deriso di Fra Angelico un’intuizione mi giunse. Non capivo, ma sentivo che c’era un filo rosso tra l’affresco e il tema. Fortunatamente proprio nello stesso periodo mi capita di leggere “Dove se ne vanno le ricciute donzelle” di Montale in cui descrive un basso rilievo. Montale prende ispirazione da Leopardi, che prende ispirazione da Keats, che prende ispirazione da chissà quanti altri poeti. Quindi, pensai, un ponte tra arte visiva e letteratura c’è sempre stato e sempre ci sarà! Questo perché, credo, entrambi hanno le emozioni e le sensazioni come ciò che vogliono trasmettere.

L’affresco rievoca la derisione di Gesù senza avere l’effettivo atto, ma facendolo capire allo spettatore grazie a dei simboli. Quindi, il Cristo Deriso viene bastonato e insultato da delle persone “eteree” di cui sono presenti solo le mani o le facce. Il collegamento, allora, viene naturale: il cristo, bendato, viene maltrattato da delle persone che non si mostrano o, che se si mostrano, si mostrano parzialmente. Allo stesso modo, il cyberbullismo spesso colpisce la vittima senza che essa sappia chi sono i suoi carnefici. Talvolta, inoltre, la vittima è portata a pensare che sia sua la colpa delle sue disgrazie, che se lo sia in qualche modo meritato, così evitando di parlarne con altre persone che potrebbero aiutarla. Ecco perché nella poesia mi trovo a esortare così tanto il lettore a denunciare o a “prendere atto”. E anche se il lettore non è in una di situazione simile, è importante denunciare anche se sta accadendo a

qualcuno che conosciamo.

Nella seconda strofa ho provato, invece, a responsabilizzare il lettore. Se tutti ci mettessimo nei panni dell’altro, probabilmente il cyberbullismo sarebbe una piaga molto meno diffusa.

1° classificato – Plesso Balbo-Palli – IS Balbo

Perché non rispondi?

“Le chiedo di rispondere alle mie domande”: Disse l’uomo elegante cambiando rapidamente tono. L’interlocutore chinò il capo piangendo.

Era una giornata di tardo febbraio e faceva freddo, molto freddo. L’autobus, come la maggior parte delle mattine, arrivò in ritardo costringendolo a correre nell’ultimo tratto di strada tra la fermata e la scuola, ma riuscì ad arrivare in tempo prima dello squillo della campanella.

Eccolo, Marco: un ragazzino, piccolo e fragile con occhi blu come il mare e capelli ricci di color fieno.

Suonò la campanella della seconda ora, segnando l’inizio dell’intervallo. Marco però non uscì dalla classe. Aveva paura dei corridoi, aveva paura di incrociare gli sguardi dei suoi coetanei e dei professori, preferiva sempre rimanere al suo posto a sfogliare il libro dell’ora precedente, annoiandosi a morte. Fortunatamente la campanella suonò presto e le lezioni ripresero.

Tornato a casa come ogni giorno si ripeteva la solita storia:” Com’è andata?”. “Bene.” “Ok, guarda che ti ho lasciato il pollo da scaldare in forno.” “Va bene, ciao mamma”. Spense il telefono.

Nonostante la sua vita sia uguale a quella di tutti i ragazzi del mondo Marco soffre di un male interiore, che gli impedisce di vivere come tutti gli altri. Lui non lo avverte.

Nessuno era in grado di decifrare quel ragazzo. Eccetto una persona: Luca e ci riusciva orribilmente bene.

Luca frequentava la stessa scuola di Marco, si conoscevano solo di vista. Niente di più, ma si sa come funziona e come uno squalo all’odore del sangue Luca lo prende di mira, standogli addosso come una zecca. Marco era solo spaventosamente cupo, e questo bastava per renderlo una preda succulenta agli occhi di ragazzi come Luca.

Come tutto i giorni finiti i compiti accese il telefono e, come di consuetudine, si ritrovò in un gruppo a lui dedicato. Non riguardava un compleanno o il calcetto, ma vergogna e morte. Si, perché Luca sapeva perfettamente come, dove e quando colpire. Succedeva ogni pomeriggio.

Marco non rispondeva ai messaggi. Leggeva, impotente.

Nonostante fosse dotato della stessa quantità di umanità di un sasso, Luca era l’unico ad aver capito perfettamente la situazione di Marco. Per questo era schifosamente bravo a ferirlo e a far divertire tutti gli altri. Screditava la sua condizione, anzi molto spesso lo incitava. Sfidava il suo livello di sopportazione portandolo a farsi del male o a togliersi la vita.

Le chat venivano inoltrate a chiunque. Tutti volevano ammirare il matador infilare la spada nel cuore del toro. Nessuno avrebbe aiutato Marco, sarebbero stati più deboli di lui.

Intanto il tempo passava e le giornate si facevano più calde. La situazione degenerava e le sfide e le provocazioni si facevano sempre più gravi e pesanti. Era diventata la crudele normalità.

I messaggi continuavano ad arrivare con più frequenza e la gente a scuola si apriva come il Mar Rosso al passaggio di Marco, alcuni bisbigliando qualcosa alle orecchie di altri, altri ancora ridacchiando.

Come degeneravano i messaggi, gli insulti e la gogna a cui Marco veniva sottoposto, peggiorava anche la sua situazione. Non si riconosceva più: era diventato l’ombra di sé stesso.

Nessuno si accorse di nulla. Professori o famigliari, tutti sapevano che Marco era timido, forse troppo per la sua età, ma nessuno si sarebbe mai immaginato che quel ragazzo stava passando un inferno ormai da mesi.

Marco continuò a cambiare, perciò la madre decise di portarlo da uno psichiatra. Perfetto, ora oltre che isolato era anche matto.

Dopo una lunga discussione, nella quale Marco fu molto attento a non far trapelare ciò che gli stava accadendo, il medico gli disse:” Ragazzo, qui ci sono tutti i presupposti per una grave depressione”. E gli prescrisse dei medicinali.

Non so descrivervi cosa stesse provando Marco anzi, sono quasi del tutto sicuro che non lo sapremo mai. Invece so’ perfettamente cosa stesse assaporando Luca. Un normalissimo ragazzo, nato in una normalissima famiglia. Nessuno si sarebbe mai immaginato che sarebbe stato in grado di fare quello che ha fatto.

Era un gioco, uno spettacolo. Tutti leggevano le loro conversazioni private. Tra Luca e Marco non ci fu mai un confronto diretto, di persona per lo meno. Marco avrebbe preferito di gran lungo un classico pestaggio, che quel lancinante vuoto che sentiva dentro di sé a causa di quei maledetti messaggi.

Era ormai autunno. Il nuovo anno scolastico era iniziato già da qualche settimana, ma il diabolico suono delle notifiche non cessò per tutta l’estate.

Quella mattina rimarrà nella memoria di tuti per sempre. Era la prima ora quando fece irruzione in classe la preside. Annunciò a tutti che un loro compagno venne trovato a casa senza vita il giorno prima. Un solo banco era vuoto. Si trattava del banco di Marco.

Si era ucciso come glielo avevano consigliato in una delle chat a lui dedicate: si impiccò con una cintura. Cercarono dappertutto una lettera, un ultimo messaggio, un segno. Niente. Rimaneva un’ultima cosa da controllare: il suo telefono.

Si aprì un’indagine e il telefono di Marco venne sequestrato. Naturalmente non ci volle molto prima di risalire da chi arrivassero quegli auguri di morte.

Marco non chiese mai aiuto. Negava sempre quando gli veniva chiesto, da chi non sapeva nulla, se si trovava in difficoltà. Ma prima dell’estremo gesto decise di rispondere a Luca al suo ultimo messaggio. Non lo aveva mai fatto. Rispose con un’emoji: un pollice all’insù.

Luca venne portato senza troppi sforzi in tribunale. Imputato di istigazione al suicidio e all’auto lesionismo, violazione della privacy, diffamazione e tutti i danni recati alla sua vittima per mesi.

“Perché l’ha fatto?” chiese l’uomo elegante. Luca non rispose. “Risponda alle mie domande” disse il Pubblico Ministero cambiando rapidamente tono. Luca chinò il capo piangendo. Non rispose.

Questa è una storia inventata. I personaggi e le loro caratteristiche sono frutto dell’immaginazione ma esistono milioni di storie come quella di Marco e Luca: entrambi fragili emotivamente, soli, famiglie assenti con le quali entrambi non sono riusciti a comunicare i propri disagi, gruppi di adolescenti deboli.

Ogni anno milioni di minori nel mondo sono vittime di bullismo e cyberbullismo. In Italia il 59% delle vittime di cyberbullismo ha pensato almeno una volta al suicidio, la percentuale è rapido aumento.

Il cyberbullismo non è un gioco, è un reato.

2° classificata – IS Balbo

“Le persone sono fragili. È semplicissimo trattare bene qualcuno una volta, ma la vera impresa è mantenere questa costanza. Basta un gesto, o una semplice e piccolissima parola per cambiare tutto e spezzare il ritmo”.

Questa è la storia di una bimba di nove anni, con un nome grazioso e allegro, esattamente come la sua personalità. Lei viveva in una realtà normale agli occhi di chiunque, ma per questa bimba non era banale normalità: era il suo piccolo mondo, il suo spazio giocoso, sincero, e pieno di amore, dove nonostante i piccoli problemi, riusciva a vedere il lato positivo in ogni cosa. La sua vita era come quella di tutti: aveva una famiglia unita, un posto in cui vivere, degli amici, e questo le bastava.

Ma le persone sono come i cristalli: sono belli, luminosi, colorati, eppure con il tempo appariranno delle piccole crepe; queste diventeranno sempre più grandi e se ne creeranno di nuove, finchè il cristallo diventerà così fragile da spezzarsi in tanti piccoli pezzettini. I frammenti si possono riunire, ma la verità è che quel cristallo non tornerà mai più come prima.

“Ciao piccolina, come è andata a scuola?”

Entro dalla porta di casa e mamma mi viene incontro.

“Ciao mamma, oggi a scuola ho imparato tante cose nuove e siamo usciti fuori a giocare in cortile!” rispondo felice.

Mi chiamo Alessia, ho nove anni e sono in terza elementare. Ho tantissimi amici, sono sempre felice, e aspetto con impazienza l’arrivo dell’estate. Quest’anno vedrò la mia fantastica nonna che vive lontano da me, in Romania, e giocherò con tutti i miei cuginetti!

Mamma e papà stanno bene: papà lavora ogni giorno e torna all’ora di cena, mentre mamma rimane a casa e si prende cura di me. A scuola vado molto bene, ho voti alti, e spero di realizzare il mio sogno, cioè diventare una dottoressa. Io amo la vita, ogni giorno di più.

Ciao, mi chiamo Alessia e ho nove anni. Oggi, 19 maggio 2015, è mancato papà. Mi sono svegliata stamattina presto, verso le cinque, perchè sentivo dei rumori. Aprii gli occhi e vidi la porta del bagno aperta, papà era seduto e mamma cercava di svegliarlo. Lui aveva il volto spento, non respirava bene e neanche si svegliava. Mamma chiamava il 118 ed era agitata, così come lo ero anche io. Non capivo che cosa stesse succedendo, sapevo per certo che provavo molta paura.

I medici arrivarono in ritardo, cercarono di salvarlo ancora, ma papà non c’era più; lo misero sul letto accanto a me, lo accarezzai e sentendo il suo corpo freddo, gli posai delicatamente la coperta sopra per riscaldarsi. Il suo volto diventava sempre più pallido e i suoi capelli neri perdevano sempre di più il colore, come io perdevo la mia speranza di rivederlo sorridere.

Questa è stata la mia prima crepa.

Ciao, mi chiamo Alessia e ho undici anni. Tra poco inizio le medie, e dall’ultima volta che ho scritto sono cambiate tantissime cose.

Mi sono trasferita in Piemonte da mio zio, nella speranza di continuare a studiare in Italia. Ho iniziato le elementari al quarto anno, ed è stata veramente dura; non conoscevo nessuno, mi ero lasciata alle spalle tutti i miei amici, la mia casa, la mia terra. Il mio mondo improvvisamente era cambiato: ero chiusa, pensierosa, cupa, e riflettevo attentamente su qualsiasi cosa, inoltre tutte le mie paura si intensificarono, perché ero consapevole che tutto era imprevedibile, come la morte di papà. Nella nuova scuola mi sentivo estranea a tutto, ero un po’ un intruso, e infatti non ero l’unica a percepirlo. Ho avuto vari problemi con una ragazzina, Giulia, che si intrometteva di continuo nel mio tentativo di fare nuove amicizie: diceva cose false sul mio conto, mi trattava con antipatia e mi faceva sentire a disagio in ogni situazione. Io sono andata avanti con la mia vita senza darle troppa importanza, anche se questa figura si faceva man mano più pressante: già la situazione a casa non era una delle migliori, i miei parenti litigavano tra di loro, mi includevano in qualche litigio, e in generale il clima non era sereno.

Ma chissà, magari gli anni delle medie saranno un nuovo inizio per me e tutto andrà meglio.

Ciao, mi chiamo Alessia e ho quattordici anni.

Per fortuna ho finito le medie, e sono stati forse gli anni peggiori della mia vita. Perchè? Il bullismo.

Alle elementari sentivo di continuo i soliti discorsi sul bullismo come “Non bullizzate ragazzi” ,“Siate gentili con il prossimo” ,“Non c’è motivo di maltrattare qualcuno”, però non ho mai prestato abbastanza attenzione a questi avvertimenti. Mi sembrava abbastanza scontato porsi in modo gentile con gli altri e rispettare le regole, ma mai come alle medie capii il significato di queste parole, perché io ne fui la vittima.

A scuola avevo cambiato la maggior parte dei compagni, ma non tutti; per fortuna però non c’era più Giulia, quindi pensavo che avrei potuto iniziare da capo. Volevo riportare in vita la piccola bimba di un tempo, dall’animo felice e contento, ma non ci riuscii.

Ogni giorno andavo a scuola cercando di convincermi che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma soprattutto cercavo di concentrarmi sulla scuola, anche se le azioni dei miei compagni iniziarono ad avere una grande influenza su di me.

Mi ricordo che mi prendevano in giro pesantemente per le mie origini, dandomi della naufragata, mi lasciavano completamente da sola nella mensa scolastica, durante gli intervalli si mettevano tutti in gruppo e ridacchiavano guardandomi da lontano, e mi prendevano in giro per il mio fisico. “Balena, non riesci neanche a passare”, “Vedi di dimagrire o così non vai lontano”, “Io non ci sto con la cicciona della classe”, “Mamma mia che brutta, vai via”.

Ma l’episodio che mi è rimasto più impresso nella mente è stato durante il primo anno. Eravamo andati in una gita di quattro giorni in Provenza, e come in ogni gita, ci si doveva scegliere i compagni di stanza. Purtroppo ero capitata in stanza con la mia bulla e una mia cara amica. Le due erano molto amiche, si volevano molto bene.

Quella sera eravamo nella stanza dell’hotel, e parlando tra di noi, scoprii che la mia bulla era innamorata del mio migliore amico, così la sera stessa, lei lo chiamò al cellulare per dichiararsi, ma questa cosa non andò a buon fine. Lui l’aveva respinta, e perciò la bulla ha deciso di scaricare la sua rabbia su di me: insultò me, mia mamma, mio fratello, e soprattutto mio papà. Dissero che mio fratello era sfortunato ad avermi come sorella, che non capivano come facesse a sopportarmi, e di papà dissero delle cose che ancora adesso non ho il coraggio di dire.

Piansi a lungo per questo, e nel corso degli anni la cosa non migliorò. Ne parlai con mia mamma, ma non comprendeva che questo era bullismo, oppure non sono stata io abbastanza capace di dirglielo chiaramente.

Sono sempre Alessia e ora ho quasi diciassette anni. Il periodo di bullismo mi ha cambiata enormemente nel modo di agire, di pensare, ma soprattutto mi ha dato molti problemi di fiducia. Faccio fatica a sentirmi libera, sento il bisogno di avere conforto costante, rassicurazioni, temo molto l’abbandono, mi fido poco, penso, ripenso e ripenso ai miei gesti, alle parole che dico, per paura di essere presa in giro e di riprovare tutto il dolore del periodo delle medie.

Purtroppo il bullismo influenza la vita in un modo fortissimo, non è semplice subire, non è semplice sopportare il dolore e non è semplice parlare. Tutto ciò ha un impatto emotivo forte, che nel futuro andrà a danneggiare tutto ciò che un bambino o un ragazzo vorrebbe costruire nella propria vita.

A tutti i ragazzi che mai leggeranno la storia di questa ragazza, voglio dire che capisco, non è semplice per niente, però parlate, date voce alle vostre sofferenze, siate voi i primi a mettere fine a questa situazione. Riprendetevi i momenti di felicità che vi hanno tolto, proteggete ad ogni costo il cristallo che c’è in voi, perché se danneggiato non sarà più come prima. Sentitevi liberi di esprimervi così come gli altri fanno, ogni persona ha lo stesso diritto di espressione di un’altra, senza distinzioni.

Parlatene con i vostri genitori: in ognuno di loro si nasconde un migliore amico di cui non siamo a conoscenza, ma soprattutto, loro sono in grado di concretizzare le nostre salvezze.

La parola è l’arma più forte che c’è.

E comunque, la bimba della storia sono io.

1° classificata – IS Leardi

“Sei troppo magro/a”, “Sei troppo grosso/a”, “Ma ti sei visto/a?”, “Vestita così te le cerchi!”, “Sei uno/a sfigato/a!”.

Queste sono solo alcune delle tante etichette che ogni giorno, tantissimi ragazzi, adolescenti ma anche adulti si sentono dire da chi come loro, sta affrontando la vita.

Bulli e vittime, forti e deboli, capi e sottomessi, amati e disprezzati.

Sembra quasi che la vita piano piano si stia dividendo in categorie, da un lato le persone giuste, conformi agli standard mostrati dai mass-media e dall’altra quelle sbagliate, diverse dagli standard imposti…Con l’avvento dei social, la situazione si è andata a peggiorare in quanto, è subentrato il cyberbullismo.

Ogni storia di bullismo o cyberbullismo, getta uno sguardo diverso sul mondo seguendo traiettorie uniche e provocando reazioni nuove. All’interno di ogni gruppo che sia la classe o meno esistono delle storie legate al mondo online e in questi ultimi anni si è venuto a creare un sottobosco formato da chat nate per emarginare e distruggere le persone: vengono pubblicate immagini denigranti, pornografiche, video mortificanti dei compagni, docenti o persone che passano per strada ignare di essere oggetto di video o foto che poi andranno in rete e raggiungeranno chissà chi e chissà fin dove.

L’assenza di consapevolezza di queste azioni è preoccupante quanto la leggerezza con cui noi adolescenti e preadolescenti ci mettiamo a nudo in rete, dando occasioni a chi vuole farci del male di approfittare del materiale pubblicato senza fare alcuno sforzo. Tutto questo evidenzia un’ingenuità disarmante poiché chi compie tali azioni, lo fa il più delle volte pensando che sia tutto una farsa, un gioco e in questo gioco di specchi ci sono purtroppo troppo spesso epiloghi tragici.

In questo turbinio di follia in apparenza sembra esserci una vittima e un carnefice ma fermandoci a riflettere emerge come anche i carnefici siano vittime di loro stessi, della cattiveria e della povertà insita in loro. Un bullo a volte si comporta in una determinata maniera per nascondere le sue debolezze, altre volte è uno che non si ferma a pensare al male che fa, o ancora uno che prova piacere nella sofferenza altrui. Quale che sia il motivo dei suoi gesti e delle sue parole è un debole incapace di entrare in una relazione costruttiva con l’altro. La vittima prescelta diventa vittima due volte quando sceglie di non denunciare, di tacere per paura e si chiude a riccio convincendosi di essere sbagliata proprio come viene dipinta.

È importantissimo imparare ad amarsi, accettarsi e rispettarsi con i pregi e i difetti, non esistono solo il bianco o il nero ma un universo di sfumature.

Il bullismo, come già detto prima, è un fenomeno dilagante nelle scuole in cui troppo spesso, si verificano atti di cattiveria pura, si va dalla violenza vera e propria a soprusi di ogni genere, nei confronti di chi non sa o non può difendersi.

Tutto ha inizio soprattutto nel momento in cui alcuni ragazzi particolarmente aggressivi, che prendono in giro e malmenano i loro coetanei più deboli, riescono a coalizzarsi facendosi forza tra loro, sentendosi orgogliosi e spavaldi, accanendosi con coloro che prendono di mira, per svariati motivi, anche futili, approfittando del fatto di essere in maggioranza.

La conseguenza di tutto questo è che il bullismo provoca delle ferite profondissime e laceranti, difficili da rimarginare. Come se ciò non bastasse, la rete oggi ha complicato ulteriormente le cose consentendo la nascita del cyberbullismo, o bullismo online, fenomeno che si verifica quando l’attacco verso il coetaneo di turno non avviene di persona, ma mediante la rete e, in particolar modo, i social network.

Il problema del bullismo si fa sempre più serio, ma a complicare la situazione subentra un altro tipo di violenza, se vogliamo ancora più riprovevole, il cyberbullismo. Di cosa si tratta?

Già la parola di per sé, richiama l’utilizzo di dispositivi tecnologici, quali computer, tablet e smartphone attraverso il quale le vere vittime in tutto questo marasma spaventano, mortificano, mettono paura ad altri ragazzi spesso umiliandoli di fronte agli altri coetanei connessi.

Il cyberbullismo è un fenomeno molto pericoloso in quanto è difficile da controllare!

I ragazzi possono nascondere la loro identità, il loro volto, il loro nome, dietro lo schermo di un pc, ma arrecare comunque un forte danno alle vittime.

Ad oggi la maggior parte dei ragazzi hanno un profilo Facebook o WhatsApp, ma alcuni non utilizzano in maniera sana e semplice questi strumenti, che, al contrario, vengono usati per imporre il proprio io, per attirare l’attenzione, per sentirsi forti a discapito di coloro che vengono individuati come più deboli o diversi.

Questo, ovviamente, non significa che i social network o le chat comuni sono strumenti condannabili, ma che è importantissimo saperli utilizzare correttamente nel rispetto del buon senso ma anche della normativa vigente, spesso ignorata da molti.

Si ha l’impressione, ascoltando o leggendo fatti di cronaca nera riguardanti proprio il fenomeno del cyberbullismo, che questi ragazzi che si nascondono dietro i loro profili per far male ad altri ragazzi, sono spesso i veri deboli, vittime in primis della propria ignoranza e della propria incapacità di farsi valere in un modo sano, lasciati al loro destino da famiglie assenti o poco interessate che non li educano ad un approccio a internet positivo.

Capita anche che i genitori non sappiano come i loro figli passano il tempo, cosa cercano o fanno online. Sono ragazzi che non hanno regole, che non vengono appunto controllati, che non hanno una guida e per questo, approfittano della loro solitudine, e del loro disagio, per sfogarsi contro i più deboli.

Ormai il cyberbullismo può essere paragonato ad un pugno in pieno viso ricevuto all’intervallo a scuola, perché internet, il web e i social network fanno parte della vita di ognuno di noi, soprattutto dei ragazzi, e costituiscono una sorta di mondo virtuale dove tutto è più veloce, talvolta più bello, ma anche brutale e terribile.

Oggi il cyberbullismo è un argomento molto dibattuto anche nelle scuole, perché i ragazzi devono imparare ad usare consapevolmente e in modo sicuro internet e i social network, sia per la loro incolumità sia per avere la consapevolezza che il web non può sostituire una bella partita di pallone o una passeggiata con le amiche.

Proprio perché il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è dilagante è stata istituita una giornata mondiale per la sicurezza in rete e la lotta al cyberbullismo, il Safer Internet Day, dove non solo i ragazzi vengono informati di quello che può accadere se si usa male internet, ma anche i professori e i genitori vengono messi al corrente della situazione e degli accorgimenti da mettere in atto per arginare la situazione.
2° classificata – IS Leardi

Sotto il peso delle parole
che piovono come lame affilate
il cuore si spezza in mille pezzi
e la mente si arrende al dolore.

Quando la violenza si nasconde
dietro uno schermo o un volto mascherato
il terrore è come un abisso
che ci inghiotte e non ci lascia scampo.

Ma non dobbiamo arrenderci
alla malvagità del bullismo,
perché la forza sta nell’unione
e solo insieme possiamo vincere.

Non lasciamo che l’odio e il dolore
ci schiaccino come pietre,
ma alziamo la testa con coraggio
e mostriamo al mondo la nostra vera essenza.

Siamo fatti di luce e di speranza
e non permetteremo mai
che il bullismo e il cyberbullismo
ci rubino il futuro e la serenità.

Perché solo uniti e forti
possiamo vincere la battaglia,
contro la violenza e la sua viltà,
e costruire un mondo di pace e di fratellanza.

Non abbassiamo mai la guardia,
ma continuiamo a lottare con coraggio,
perché il futuro ci appartiene,
e nessun bullo potrà mai rubarci la felicità.

1° classificato – IS Sobrero

Ciao Michele,

Ho deciso di rispondere io a quella lettera di addio che hai indirizzato al tuo amico, ma che la superficialità e la codardia hanno lasciato cadere nel vuoto, come tu, solo, ti sei lasciato cadere nel vuoto dal ponte del castello di Rivoli.

Ho letto per caso della tua storia, una fra tante, forse anche poco conosciuta, ma proprio per questo è arrivata dritta al cuore.

“Tranquilla mamma…sono al castello di Rivoli…tra un po’ sarò a casa…” e poi il volo.

Ancora una volta pensavi agli altri, per non preoccuparli.

Ora io mi sto chiedendo: “Cosa pensavi veramente in quegli attimi? A chi pensavi nel momento che i piedi hanno lasciato i mattoni di quel ponte?”

Forse, anzi ne sono certo, speravi di sentire il tuo nome risuonare nell’aria: “Michele…fermati…aspetta…scusaci, siamo qui per te…” e invece avrai guardato dietro e avrai trovato il nulla, nessuno, il vuoto freddo e assordante.

Il dopo lo sappiamo: urla, pianti, angoscia, disperazione e sensi di colpa della tua famiglia e di chi ti amava per non aver capito il tuo dolore.

Ma i “tuoi amici” avranno capito il male, la tristezza e la solitudine che goccia dopo goccia facevano scendere in te? NO, purtroppo NO… e con rabbia ti ripeto NO.

La frase del “tuo amico” ai tuoi funerali fa capire che l’ignoranza non ha limiti: “Questo in foto non è Michele, lui era storpio, è meglio in foto che da vivo”.

Certo, eri disabile e nessuno o nulla poteva cambiare la realtà. Tu avevi lottato per conviverci e io sto guardando quella foto sul giornale. I tuoi occhi parlano di voglia di vivere, di gioia, di creatività, di umiltà, di fantasia, di forza contro la malattia…e VITA…tutta da scoprire.

Io sono Luca, non ti ho veramente conosciuto personalmente, ma solo da qualche tua LIVE da YOUTUBER che stavi iniziando a fare.

Ti posso solo dire che avrei voluto nei tuoi ultimi istanti essere non alle tue spalle, neanche davanti a te, ma al tuo fianco e chiamarti: “Michele, Michele alza lo sguardo, guarda il cielo, il sole, l’azzurro e respira forte, sorridi insieme a me…”

Non ti avrei detto di farti scivolare tutto addosso, lo so, non si riesce a volte, e allora ti dico: “Scendi da quel ponte, voglio farti una foto per ogni cosa che sai donare, per ogni passione che hai nel cuore, per ogni mano che sai stendere, per ogni abbraccio che sai donare. La foto sa fermare, tra i suoi colori i sentimenti più profondi, bisogna solo saperla guardare e poi insieme, io e te di fianco, porteremo quelle foto “ai tuoi amici” scrivendo sul retro IO SONO QUESTO, IO SONO MICHELE! IO SONO LA VITA!

Spero che questa lettera arrivi lassù, è tutta tua!

Inoltre, spero con tutte le mie forze che il solo pensiero di quelle foto che avremmo potuto fare insieme, io e te di fianco, non ti facciano più sentire solo, isolato, triste o incompreso, ma ti facciano dire con il sorriso “IO SONO MICHELE E NOI 2 SIAMO AMICI VERI”

CIAO AMICO!

Ps: da bravo Youtuber, che stavi diventando, dipingi con i colori del rispetto e dell’amicizia il cielo da lassù…io, stai certo, lo starò guardando….

Lukas

2° classificato – IS Sobrero

BULLISMO E CYBERBULLISMO NON SONO GIOCHI DA RAGAZZI

Il bullismo nelle scuole è un fenomeno di vecchia data, affine al mobbing in ambito lavorativo e al nonnismo nell’esercito, fenomeni pur distinti ma molto simili tra loro. In questi ultimi anni i nostri giovani stanno vivendo in una società in cui non riescono più distinguere cosa è reale da ciò che è virtuale, in cui sono fortemente dipendenti dalla tecnologia, che è sempre più in crescita.

Ecco perché si è passati da una azione di bullismo reale a un fenomeno virtuale chiamato oggi come “cyberbullismo”, che rappresenta una seria minaccia per i nostri giovani. Entrambi i comportamenti bullismo e cyberbullismo si sviluppano attraverso una serie di azioni ripetute nel tempo, la cosa che è cambiata è il contesto nella quale avvengono le molestie: i bulli agiscono nel modo reale; i cyberbulli agiscono in rete attraverso dispositivi tecnologici sulle varie piattaforme social, nascondendosi dietro a false identità.

Volendo continuare a fare dei parallelismi tra bullismo e cyberbullismo, per poterli indagare meglio: i bulli sono generalmente compagni di classe o frequentanti il medesimo istituto della vittima, mentre i cyberbulli sono ragazzi o adulti che potenzialmente possono operare da ogni parte del mondo; il bullismo è circoscritto ad un determinato ambiente (solitamente nelle scuole), mentre il cyberbullismo ha la possibilità di agire su un ‘territorio’ sconfinato come la rete (ad esempio, con le minacce esercitate su materiale fotografico che può essere diffuso in maniera capillare attraverso gli strumenti messi a disposizione dal web); i bulli agiscono in un arco temporale circoscritto, essenzialmente all’orario scolastico, i cyberbulli possono agire in qualunque momento della giornata; l’azione del bullo è talvolta arginata dal contesto (docenti, compagni di classe e personale scolastico), mentre il cyberbullo agisce in piena libertà.

In moltissimi casi, le vittime del cyberbullismo conoscono personalmente i loro aggressori. Trattandosi prevalentemente di adolescenti e, in generale giovani, le vittime sono particolarmente vulnerabili di fronte a tali comportamenti. La maggior parte di essi ha difficoltà nel parlare dell’argomento e nel denunciare gli aggressori, per paura di essere ricattati soprattutto. Intrappolate in uno stato di fragilità emotiva estrema, soprattutto le vittime dei cyberbulli rischiano conseguenze pericolose. Molte di esse incorrono in forme di depressione, autolesionismo e tendono ad isolarsi. La pressione psicologica agisce negativamente anche sulla condizione fisica: un’alta percentuale di cyberbullizzati ammette di aver ridotto drasticamente l’assunzione di cibo; al tempo stesso, un’altrettanta percentuale di vittime trova rifugio nel cibo, lasciandosi andare ad abbuffate eccessive. Questa conseguenza è fortemente presente nei casi di body shaming, ovvero nei casi di offese che tendono a concentrarsi sull’aspetto fisico della vittima. La conseguenza peggiore del cyberbullismo è la capacità di indurre al suicidio. Purtroppo tante vittime, anziché chiedere aiuto, trovano nel suicidio la soluzione per liberarsi di questo peso.

Da quanto è emerso fino ad ora, è evidente come il cyberbullismo possa compromettere la vita delle persone fino ad arrivare a conseguenze estreme.

Contrastare questo fenomeno e aiutare le vittime è fondamentale. Personalmente non ho mai subito atti di bullismo e cyberbullismo, ma ho appreso molte notizie su giovanissimi che ricevono questi attacchi e che, per paura di essere giudicati dalle persone, arrivano persino al suicidio

Parlando da genitore, molto presto i miei figli saranno nell’età dove potrebbero imbattersi in atti di bullismo e cyberbullismo e, detto sinceramente, non so se riuscirò a comprendere e a prevenire questi atti, ma una cosa la so: se i miei figli faranno i bulli o i cyberbulli non usciranno più di casa e non useranno più la tecnologia fino ad età maggiorenne! A parte gli scherzi, secondo me, si può cercare di tenere sotto controllo i dispositivi dei nostri figli e non permette loro di iscriversi sui social network troppo presto. Comunque la colpa è della nostra società che dà a tutti la possibilità di acquistare strumenti tecnologici persino ai giovanissimi, senza pensare alle conseguenze che provocano. Ma soprattutto la colpa è anche dei genitori, che dovrebbero educare i propri figli al rispetto, a comportarsi bene non solo a casa, ma anche fuori casa, sui social e fra qualche anno, chissà, anche nel metaverso.